Con i Decreti “PA1” e” PA2” (DL 44/2023 e DL 75/2023) dell’estate scorsa è stato realizzato un impianto normativo per favorire l’accesso dei giovani nella PA attraverso selezioni realizzate per la fruizione di contratti di apprendistato e di formazione-lavoro.
Il tema è annoso sia per quello che riguarda la vera e propria crisi vocazionale dei giovani nei confronti dell’impiego pubblico, registrata nel recente passato dai dati dei monitoraggi effettuati dalla Funzione Pubblica, sia per quello che riguarda la carenza di legami tra le politiche del personale delle PA ed i percorsi universitari, spesso causata da approcci legislativi e progettuali disorganici e fallimentari (un esempio per tutti in generale sui giovani è stato quello dei “navigator”)
Le suddette previsioni normative hanno la funzione di creare percorsi alternativi di accesso rispetto ai concorsi pubblici, per incentivare, attraverso forme di coordinamento tra PA che assume ed università che forma, modalità di assunzione flessibili comunque finalizzate all’inserimento definitivo.
Le norme generali dei due DL “PA” sono state specificate nel DM 26 dicembre 2023, che rappresenta al contempo un atto operativo per mettere in pratica questa prospettiva, al momento in effetti oggetto di attenzione da parte di numerose amministrazioni che si accingono a licenziare i piani triennali dei fabbisogni all’interno dei PIAO.
Il DM prevede innanzitutto due tipologie assunzionali flessibili da utilizzare entro il 31 dicembre 2026 con una estensione della riserva dei posti nella programmazione triennale pari al 10 per cento, fatta eccezione per i Comuni, le Unioni di Comuni, le province e le Città Metropolitane, ai quali è consentito provvedere alle medesime assunzioni nel limite del 20 per cento:
1. Il contratto di apprendistato di durata massima di trentasei mesi, per giovani laureati individuati su base territoriale.
2. Il contratto di formazione-lavoro, a seguito di convenzioni non onerose che le amministrazioni possono stipulare con le istituzioni universitarie per l’individuazione di studenti di età inferiore a 24 anni, che abbiano concluso gli esami previsti dal piano di studi.
Si tratta quindi di due modalità differenziate delle quali, la prima potenzialmente più estesa, la seconda molto mirata. sia soggettivamente rispetto ai candidati, sia istituzionalmente rispetto alle università.
L’elemento che le accomuna è quello della territorialità, cioè l’incentivo alle assunzioni dei giovani che si trovano o hanno studiato in università insistenti sul territorio dell’Amministrazione che bandisce: tale aspetto in generale viene rappresentato per tutti i concorsi nel DL “PA1” e costituisce una novità che dovrà in ogni caso trovare specificazione sia nei regolamenti degli enti che nei bandi, facendo attenzione a non violare il principio di libera circolazione (per il quale le relative clausole in passato sono state oggetto di censure giurisprudenziali)
Ecco allora che, per quanto riguarda la fattispecie dei contratti di formazione-lavoro, le PA stipulano convenzioni prioritariamente con le istituzioni universitarie aventi sede, anche periferica, all’interno del territorio comunale, provinciale e regionale della singola amministrazione, nonché con le università aventi sede nei territori regionali confinanti o limitrofi per le discipline non presenti nell’ambito territoriale di appartenenza. Per le università telematiche poi, si tiene conto del luogo in cui le medesime hanno sede legale (art 4 DM cit.)
Un aspetto di fondamentale importanza per entrambi i processi di reclutamento è quello dei requisiti, dei criteri e delle prove di valutazione delle candidature.
I bandi, pubblicati obbligatoriamente sul portale InPA, sono basati sull’espletamento di una prova scritta, anche a contenuto teorico-pratico, e di una prova orale.
• La prova scritta sulle materie indicate negli Avvisi può consistere nella redazione di uno o più elaborati sintetici e in questionari a risposta multipla.
• La prova orale è volta ad accertare il possesso dell’insieme delle conoscenze e delle capacità logico-tecniche, comportamentali e attitudinali, nonché la conoscenza di almeno una lingua straniera.
Viene confermata, quindi, la necessità di quegli accertamenti motivazionali ed attitudinali che, a seguito dell’introduzione dell’art. 35 quater del d.lgs. 165/2001 e del nuovo regolamento sui concorsi approvato con DPR 82/2023, di modifica del DPR 487/1994, sono resi obbligatori in tutti i concorsi pubblici. Ciò con le ovvie conseguenze sulla tipologia di prove da realizzare in questo senso e sulla composizione della commissione con il membro aggiunto esperto in selezione del personale o psicologo del lavoro.
In ordine ai titoli valutabili il DM fa riferimento ai titoli accademici conseguiti dal candidato, compresa la media ponderata dei voti conseguiti nei singoli esami e gli eventuali titoli di specializzazione post lauream, nonché le eventuali esperienze professionali documentate.
Poi l’attribuzione dei punteggi che tengano conto:
• dell’età anagrafica,
• della regolarità dello svolgimento del percorso di studi, intesa come coerenza temporale al piano di studi programmato
• del voto di laurea, ovvero della media ponderata dei voti conseguiti, anche calcolata solamente su un numero predeterminato di materie qualificanti il percorso di studio, in numero non inferiore a cinque.
Le amministrazioni possono prevedere un numero massimo di titoli che ciascun candidato può presentare. In ogni caso, i titoli e l’eventuale esperienza professionale non possono concorrere, in misura superiore a un terzo, alla formazione del punteggio finale.
Il bando di concorso può prevedere che il punteggio del titolo di studio richiesto sia aumentato fino al doppio qualora il titolo di studio medesimo sia stato conseguito nei cinque anni antecedenti alla scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, ai sensi dell’articolo 3-ter, comma 4, del citato decreto-legge n. 44 del 2023.
Limitatamente alle procedure selettive attivate sulla base delle convenzioni stipulate con le università, il bando di concorso prevede che la media ponderata dei voti conseguiti negli esami individuati concorre in misura almeno pari a un quarto alla formazione del punteggio finale.
Quest’ultima norma è chiarificatrice della differenziazione fra le procedure di assunzione dei laureati con contratto di apprendistato e dei laureati under 24. Per i primi si prevede una platea di fruitori più ampia. coinvolgente i giovani fino a 29 anni compiuti: saranno selezioni, pertanto, più consistenti numericamente e quindi ad impatto sociale più vasto, sulle quali anche dal punto di vista politico si prevede che le Amministrazioni investiranno molto.
Nulla dice, di converso, il decreto sulla circostanza se si reclutino giovani con la laurea cd. breve o con la laurea specialistica. Sotto questo punto di vista si può, con quasi certezza, ritenere che a fronte della sola necessità della laurea “breve” per l’accesso ai profili iniziali confermata nei CCNL, questo sia il titolo di studio oggetto di considerazione come requisito generale, fermo restando che la laurea specialistica può incidere alla valutazione per titoli dei candidati.
La parte del DM (art. 7) che inerisce le convenzioni con le Università è di riferimento esclusivamente per le assunzioni con contratto di formazione- lavoro dei giovani under 24: si tratta quindi di selezioni già mirate su candidati potenzialmente molto capaci (poiché si sono laureati prima dei 24 anni) e sulla base di corsi di studio già specializzanti.
Tali convenzioni hanno ad oggetto
a) gli ambiti delle competenze e professionalità;
b) il contesto produttivo ed organizzativo all’interno del quale si intendono collocare i soggetti selezionati all’esito della procedura concorsuale;
c) la presenza, in seno alle commissioni esaminatrici, di almeno un docente dell’università stipulante, esperto nelle materie oggetto di concorso;
d) l’attivazione di progetti di formazione universitaria e di corsi professionalizzanti, volti ad agevolare l’accesso al mondo del lavoro pubblico, sulla base delle prospettive dei fabbisogni delle amministrazioni pubbliche convenzionate;
e) la formazione “on the job” a favore del personale reclutato ed inerente la ragione giurica del contratto di formazione lavoro;
f) la programmazione di seminari a cui partecipano rappresentanti delle amministrazioni convenzionate per la presentazione, agli studenti, delle possibilità occupazionali offerte dalle amministrazioni del territorio;
g) la possibilità, per valorizzare la specificità territoriale delle regioni in cui è vigente il bilinguismo, di richiedere la necessaria conoscenza della lingua straniera prevista.
La parte conclusiva del Decreto (art. 8) inerisce ovviamente la finalizzazione all’assunzione definitiva degli apprendisti under 29 e dei fruitori under 24 dei contratti di formazione lavoro che abbiano ricevuto una valutazione positiva alla scadenza. Ciò con riferimento al servizio prestato, alle attività svolte ed alla performance.
Dal punto di vista delle politiche normative per i giovani e la PA questo impianto rappresenta una volontà ben strutturata di creare una osmosi con il sistema universitario che, in passato, non si è realizzata o si è realizzata solo a livello progettuale con risultati limitati o deludenti.
La doppia via dell’apprendistato e del contratto di formazione-lavoro risulta peraltro inclusiva di tutti i giovani laureati, pur tenendo conto delle eccellenze e quindi in linea con i principi di ampia partecipatività delle selezioni pubbliche
Allo stesso tempo la territorialità costituisce un elemento di grande potenziale per la rinascita istituzionale di territori in cui la fuga lavorativa dei giovani rappresenta la regola.
In ultimo, tali atti normativi rappresentano un’occasione per il sistema universitario di rivedere i percorsi interni delle facoltà con maggiore attenzione per la pubblica amministrazione, soprattutto sui profili tecnici (es. ingegneri, geologi, informatici) che, al contrario di quelli giuridici od economici, sono perlopiù avulsi dalla conoscenza delle implicazioni professionali nel contesto pubblico.
E’ ovvio che attraverso il sistema delle convenzioni si avranno università “abilitate” alla PA e università che non lo saranno: questa ben potrebbe rappresentare una risorsa dal lato della scelta dei percorsi di studio per i giovani, ma anche un limite soprattutto laddove territori, istituzioni ed università non vanno a braccetto e sono disarticolati o al peggio strozzati da baronie universitarie, satrapie politiche ed interessi legati al differenziale tra università pubbliche e private.