Nei concorsi pubblici tematiche di carattere dottrinario e giurisprudenziale che hanno caratterizzato gli ultimi anni trovano innesto oggi in aspetti tecnologici innovativi i quali estendono le prospettive in termini di trasparenza ma anche di qualità selettiva delle procedure.
Ciò a conferma di una necessaria par condicio tra candidati e legittimità della valutazione che si realizzavano ieri, a livello documentale, solo attraverso la verbalizzazione scritta delle operazioni: le nuove tecnologie insomma vanno ad “inondare” aspetti formali e procedurali destrutturando il modus agendi precedente.
Questo ha valore anche per quanto attiene l’esercizio della discrezionalità tecnica delle Commissioni di valutazione che, a fronte dei tentativi realizzati dai ricorrenti a livello giudiziario, mantiene oggettivamente margini elevatissimi di incontestabilità a riguardo sia delle prove scritte che delle prove orali.
La giurisprudenza di un decennio ed oltre ha tenuto graniticamente fermo il principio per cui le valutazioni dei concorrenti non sono sindacabili dal G.A., se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile.
La conferma di tale principio è giunta recentemente nella sentenza del T.A.R. Lazio- III sez. quater n. 5764 del 17-05-2021, in ordine alla legittimità delle valutazioni numeriche con il richiamo ad una precedente sentenza dell’Adunanza Plenaria (20 settembre 2017, n. 7) secondo cui “i giudizi delle Commissioni sulle prove scritte d’esame vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da esse predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione”.
Più indietro nel tempo, ed ormai oggi solo in via confermativa la dottrina e la giurisprudenza, si sono occupate del tema della contestabilità nel merito dei giudizi di commissione attraverso l’utilizzo processuale, legittimato della L. 205/2000 (estensiva dello strumento della consulenza tecnica anche al giudizio di legittimità ex art. 16) sui mezzi di prova nel giudizio amministrativo, dei cosiddetti pareri pro veritate inerenti soprattutto le prove scritte dei concorsi.
Nel sostenere uniformemente l’impossibilità attraverso tali pareri, seppur redatti da esperti qualificati di chiara fama sulle materie oggetto del concorso, di una sovrapposizione alle valutazioni delle Commissioni, hanno tuttavia lasciato la possibilità residuale di una revisione del giudizio della Commissione solo quando “il margine di errore accertato nel caso concreto è così rilevante da evidenziare la irragionevolezza della valutazione espressa dalla commissione. Così Tar Puglia, Lecce, sez. I, 19 settembre 2013, n. 1970, oppure, ancora di recente, solo in presenza di vizi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e icto oculi dalla sola lettura degli atti (Consiglio di Stato, V, 30 settembre 2020, n. 5743 e TAR Campania, 15 settembre 2020, n. 3807)
La porta della contestabilità dei giudizi delle Commissioni è pertanto assai stretta se non invalicabile come, al di là del principio, è confermato dalle plurime sentenze le quali uniformemente respingono la volontà dei ricorrenti di contrapporre i pareri tecnici al merito della discrezionalità delle Commissioni.
In ogni caso, i margini di insistenza dei pareri tecnici possono trovare nella digitalizzazione delle procedure nuovi margini applicativi: in particolare quanto ai colloqui orali on line, la cui facile registrabilità, come tale permette che essi partecipino alla procedura come atti autonomi e quindi non solo come descrizioni operate nei verbali. La Legge 241/1990 all’art. 22 prevede infatti che nella definizione di atto amministrativo rientri “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti.”
Con il Decreto “Rilancio” n. 76/2020 è stata poi introdotta la possibilità di svolgere i colloqui on line, “l’utilizzo di strumenti informatici e digitali per lo svolgimento delle prove scritte e preselettive, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale” (art. 248, co. 1, lett a)).
L’eventualità della registrazione di un colloquio orale costituisce un ulteriore mezzo di prova innestabile in un procedimento giudiziario: questo dal lato meramente patologico della procedura, ma dal lato positivo dell’Amministrazione rappresenta una condizione di assoluta trasparenza e di qualità del percorso selettivo gestito dalla Commissione: insomma, la registrazione dei colloqui avrebbe un effetto deflattivo del contenzioso inerente la contestazione dell’operato della Commissione anche negli aspetti di merito.
Ancora una volta le nuove tecnologie si collegano ampiamente alla trasparenza. Nei concorsi pubblici è necessaria una revisione strutturale delle norme gestionali dei concorsi ed in particolare dell’ormai superato DPR 487/1994, in modo che la discrezionalità tecnica operata dalle commissioni si basi su un sostrato normativo e tecnologico di assoluto valore quanto alla accessibilità agli atti ed al loro controllo da parte degli interessati diretti ed indiretti (questi attraverso l’accesso civico generalizzato ex D.Lgs 33/2013)
Infine l’introduzione, attraverso il DL Reclutamento n. 81/2021, di colloqui e prove per valutare “capacità, attitudini e motivazioni individuali oltre alle materie d’esame previste dal bando” (art. 28 del D.lgs. n. 165/2001 relativo alla nomina dei dirigenti di seconda fascia) estenderanno i margini della discrezionalità delle Commissioni, che finora hanno riguardato aspetti di carattere eminentemente professionale e non psicoattitudinale e stimoleranno pertanto strumenti normativi e interventi giurisprudenziali per un nuovo assetto di tutela dei partecipanti alle selezioni.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 2 Marzo 2022