Le prove attitudinali e motivazionali nei concorsi trovano oggi nelle disposizioni del D.L. “Reclutamento” n. 80/2021 un rinnovato slancio operativo nei concorsi pubblici rappresentando un elemento che, specifico nella normativa su riferita per le selezioni dei dirigenti dello Stato, è potenzialmente in forte espansione anche nei concorsi per funzionari ed impiegati ai vari livelli di governo: …. i bandi dei concorsi per l'accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, ed enti pubblici non economici nazionali prevedano, in aggiunta alla conoscenza delle materie, anche la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali. A tal fine si prescrive che i bandi individuino « aree di competenza » osservate e prevedono la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali, anche attraverso prove, scritte e orali, finalizzate allo loro osservazione e valutazione comparativa, definite secondo metodologie e standard riconosciuti (art. 3, comma 3); Ab origine fu (ed è, perchè attualmente ancora vigente) il DPR 487/1994 all’art 21. Adempimenti per il concorso unico. …5. Ove il numero dei candidati al concorso sia superiore al triplo del numero costituente il contingente,si procede alla pre-selezione dei concorrenti mediante il ricorso a prove psicoattitudinali o anche congiunte a valutazione del titolo di studio in modo da ridurre il numero dei partecipanti al triplo dei posti messi a concorso.
Ancora all’articolo 7. Concorso per esame….2. I bandi di concorso possono stabilire che una delle prove scritte per l'accesso ai profili professionali della settima qualifica o categoria superiore consista in una serie di quesiti a risposta sintetica. Per i profili professionali delle qualifiche o categorie di livelli inferiori al settimo, il bando di concorso relativo può stabilire che le prove consistano in appositi tests bilanciati da risolvere in un tempo predeterminato, ovvero in prove pratiche attitudinali tendenti ad accertare la maturità e la professionalità dei candidati con riferimento alle attività che i medesimi sono chiamati a svolgere.
Infine, nello stesso articolo 2-bis. Le prove di esame possono essere precedute da forme di preselezione predisposte anche da aziende specializzate in selezione di personale. I contenuti di ciascuna prova sono disciplinati dalle singole amministrazioni le quali possono prevedere che le prove stesse siano predisposte anche sulla base di programmi elaborati da esperti in selezione.
La prima norma in esame quindi considera la prova psico attitudinale come un vero e proprio sbarramento per ovviare a numeri elevati di candidati mentre le altre si riferiscono all’attitudine con relazione a prove di carattere pratico gestionale ed esecutivo.
L’ultima norma generale sulle preselezioni gestite da aziende specializzate non si lega direttamente all’aspetto psicoattitudinale ma implicitamente non lo vieta anzi lo incentiva nella realizzazione di prove a test.
Insomma la prospettiva del DPR 487/1994 come detto vigente è assolutamente limitativa delle prove psico attitudinali sia concettualmente, con la limitazione all’attitudine pratica, che nel suo utilizzo gestionale, come modalità per ridurre il numero dei partecipanti nelle prove preselettive.
L’aspetto psicoattitudinale e motivazionale ha in generale prospettive di analisi e studi relativi assai più strutturati rispetto all’utilizzo che se ne è fatto finora in Italia nei concorsi pubblici. Di converso il mondo del lavoro privato ha da decenni e decenni maturato una grande sensibilità sull’argomento gestendo le selezioni per il personale aziendale attraverso gli strumenti che la psicologia del lavoro ha elaborato e sperimentato.
Il presente contributo non vuole entrare nel merito di questa scienza anche perché gli argomenti da trattare e le capacità di chi scrive sono sotto tale punto di vista limitatissime ed alle volte personalmente non ottimistiche in maniera forse preconcetta (ciò soprattutto per le plurime esperienze sulle prove preselettive psicoattitudinali), ma una serie di strumenti innovativi si fanno largo in relazione al loro elevato valore scientifico.
Tali sono, guardando agli strumenti più moderni e più in uso inerenti i colloqui:
Il colloquio in stile libero, non strutturato, che si caratterizza per una bassa pianificazione degli obiettivi che s’intendono raggiungere e per un basso controllo esercitato dall’intervistatore sull’interazione. Può prendere in considerazione aspetti del curriculum vitae o delle esperienze professionali, formative del candidato.
Il colloquio semi-strutturato che è caratterizzato da un certo grado di strutturazione, un compromesso tra un’intervista strutturata e un’intervista libera. Si definisce tale proprio perché l’intervistatore individua a monte le aree da esplorare, ma lascia libero l’intervistato di procedere secondo l’ordine e le modalità che preferisce. Al suo interno si coniugano pianificazione e flessibilità, in cui si alternano momenti di domande prefissate a momenti dipendenti dai singoli interlocutori; da qui si può evincere il suo maggior utilizzo rispetto ad altre tipologie, in quanto oltre a rendere possibile una valutazione dell’intervistato, dà a questi la possibilità di interagire attivamente ponendo domande, quindi di chiarire le sue aspettative in merito alla futura mansione lavorativa.
Infine, il colloquio strutturato che consiste nel rivolgere domande standardizzate e strutturate a tutti i candidati, attenuando la possibilità che l’intervistatore si discosti dallo schema prefissato; il risultato, dunque, è quello di ingabbiare sia selezionatore che candidato all’interno di una griglia di intervista. Ciò rende più facile raggruppare, valutare e analizzare le risposte dei soggetti aumentandone l’attendibilità, in quanto è possibile ottenere gli stessi risultati se l’intervista si ripete. Questa è un tipo d’intervista molto utilizzata perché, oltre alle domande, è possibile predeterminare giudizi tramite scale di punteggio e liste di controllo. Sotto tale punto di vista il colloquio strutturato appare il più rigoroso e sovrapponibile alle regole dei concorsi inerenti la par condicio dei candidati.
Per quanto riguarda i test invece bisogna innanzitutto distinguere i test attitudinali dai test psicoattitudinali. Si tratta di due approcci diversi. Nei quiz attitudinali vengono indagate le abilità tecniche, logiche e matematiche del lavoratore mentre quelli psicoattitudinali si riferiscono alla sfera psicologica e hanno il compito di testare le qualità del candidato e la sua attitudine - appunto - nel ricoprire un certo ruolo, al di là delle competenze di base specifiche. Le domande che si possono presentare in un test di questo tipo riguardano la comprensione verbale, di testi strutturati in modo particolare, e il ragionamento logico. I quiz psicoattitudinali fanno parte dei test psicometrici. A loro volta questi ultimi si dividono in attitudinali, di abilità e della personalità. I test psicometrici sono strumenti standardizzati e validati, utili per indagini psicologiche: il loro scopo è quello di valutare il comportamento, l’attività psichica e la personalità. I risultati dei candidati vengono confrontati con specifici parametri statistici standard, grazie ai quali è possibile dare una valutazione obiettiva e statisticamente significativa.
Tutto questo comunque si deve “incarnare” nelle procedure selettive per le Pubbliche Amministrazioni dove, a fronte del rinnovato vigore del principio di selettività scolpito nelle varie normative che negli ultimi anni hanno rivisitato i concorsi pubblici, ed anche nelle Linee guida sui concorsi pubblici di cui alla Direttiva del Ministro della PA n. 3 del 2018, come strumento innovativo di soft law , vi sono tendenze conservatrici scaturenti dalla complessità delle procedure e dal loro rilievo formale, oltretutto aggravate oggettivamente da un contenzioso sempre più consistente ed aggressivo che porta ad atteggiamenti difensivi dell’amministrazione.
In altri termini bisogna rapportare strumenti selettivi che non si traducono nel dare risposte giuste o sbagliate a livello giuridico, economico, tecnico ingegneristico od ancora informatico o linguistico, ma si tratta di dare valutazioni concorsuali attraverso modelli d’indagine sperimentati e certificati nei quali ovviamente non vi sono risposte o modalità tali per cui vi è un “giusto” o “sbagliato”, ma vengono in gioco, a seconda degli strumenti, capacità come la resistenza allo stress, la capacità di essere leader in un gruppo, la visione organizzativa, il problem solving, o ancora gli aspetti personali e attitudinali funzionali all’organizzazione del lavoro, alla direzione al coordinamento ed al profilo da ricoprire.
Campi che esulano da considerazione da parte mia nel merito, ma che incardinandosi nel meccanismo selettivo pubblico importano problematiche applicative legate ai criteri seguiti in tali tipi di valutazione, alla professionalità di chi svolge tali valutazioni e, da un punto di vista giuridico formale, alle modalità di composizione delle Commissioni di concorso e al peso che valutazioni di questo tipo possono avere nella stesura delle graduatorie dei vincitori con relazione alle norme prescrittive dei bandi.
Altra tematica di estremo interesse e delicatezza è quella relativa alla tutela della riservatezza che chiaramente deve involgere tale tipo di prove. Il rinnovamento della disciplina e il rafforzamento delle tutele, realizzato col GDPR anche attraverso una più ficcante facoltà di intervento dell’Autorità Garante, non fanno altro che proporre modelli selettivi che tutelino la riservatezza dei candidati ed in ordine alle tecniche selettive di cui sopra ed in ordine al rapporto che le valutazioni hanno in una procedura comparativa che deve mantenere i crismi di imparzialità e trasparenza e quindi di accessibilità.
Sotto tale ultimo punto di vista giova ricordare che già il legislatore del 2005 di riforma della Legge 241/1990, in relazione all’accesso agli atti, escluse le prove psicoattitudinali dall’accesso da parte di terzi (…). Quindi le prerogative circa la trasparenza, la pubblicità delle prove e l’evidenza dei risultati sugli strumenti di comunicazione ufficiali e soprattutto On Line vanno necessariamente calibrati anche facendo riferimento a documenti già approvati come le Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati del 2014.
Ma l’utilizzo di tali strumenti evoluti, che chiaramente non sono solo gli ormai consueti test preselettivi psicoattitudinali, investe nel merito anche aspetti personalissimi del candidato che “possono saltare fuori” durante l’analisi e che pongono nitidamente problemi a riguardo nel contesto di una selezione per un posto di lavoro nella PA.
Insomma l’indagine motivazionale e psicoattitudinale non deve travalicare certi confini in relazione all’esigenza amministrativa e deve essere quindi proporzionata a seconda dei ruoli e dei profili: tali prove, presenti da sempre nel contesto dell’arruolamento del personale militare o in generale afferente l’ordine pubblico trovano giustificazione nelle caratteristiche dei compiti e delle strutture, di converso prove di tal guisa per profili amministrativi non hanno ragione d’essere salvo eccezioni come per esempio quelle nei Comuni del personale della Polizia Locale.
Concludendo questa breve disamina di valore giuridico prospettico, possiamo dire che con la norma vista all’inizio, ora riguardante il reclutamento dei soli dirigenti, si apre una nuova frontiera nelle procedure di selezione del personale che convergono su nuovi criteri selettivi ma che si incontrano e talvolta scontrano con aspetti procedurali gestionali operativi e valutativi caratteristici dei concorsi, aspetti che devono essere oggetto di attenzione da parte delle amministrazioni nei documenti programmatici , nei regolamenti interni e nei bandi di concorso, ed operativamente nelle commissioni e nelle forme amministrativo gestionali delle operazioni selettive.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 25 Marzo 2022